Enne, Coez, Ombre cinesi, Liberato e del ritorno del blog Stormi

A volte si ha bisogno di un po’ di tempo per fermarsi a pensare.
Ci si volta indietro e si guarda a ciò che si è fatto, lo si osserva dalla giusta distanza e si dà un giudizio.
Per farlo sono necessarie due cose: il silenzio e alcune poche persone a cui si vuole bene vicino (non per forza le due cose vanno prese separate: la prova è il piacere che si prova nel restare in silenzio accanto a una persona a cui vogliamo bene).

In questi mesi sono successe un sacco di cose e ricapitolare tutto e aggiornarvi sul mondo della cosiddetta musica indie italiana, con un solo misero post, sarebbe impossibile. Del resto non aggiorno questo blog da mesi.
Perché mi ero fermato? Ammesso che a qualcuno possa davvero interessare: approfitto per ringraziare tutti quelli che in questi mesi mi hanno scritto chiedendomi che fine avesse fatto Stormi. Non pensavo davvero questo piccolo progetto potesse incontrare l’interesse di così tante persone.
Una risposta possibile. Ho imparato, negli anni, che certe cose non tornano e vale maledettamente la pena viverle nel momento in cui ti si presentano. Il tempo che ci viene concesso è poco rispetto al grande desiderio che abbiamo dentro di fare ed essere e va usato con intelligenza. La bellezza delle cose c’è (prendete l’estate per esempio) e va vissuta. Hic et nunc.
Non occorre generare infiniti pipponi retorici usando detti latini – come peraltro sto facendo e vi chiedo scusa – o catarsis della stessa carica spirituale di una canzone dei Radiohead in Kid A – e qui l’ineccepibile autorità critica Luca Petinari sarà incredibilmente d’accordo con me –, per raccontare tutto questo. Lo dice anche Motta, tanto per fare un esempio che ci compete, in “Se continuiamo a correre”.

Se continuiamo a correre / La polvere negli occhi / Fermiamoci a pensare.

In questo fottuto mondo se non corri, se non produci, se non concludi non sei un cazzo. Ma chi ha deciso questo? L’uomo moderno pensa che tutto debba essere fatto in vista di qualcos’altro e non come fine a se stesso. Non lo dico io, lo diceva un tipo cazzuto come Bertrand Russell. E lo diceva nel 1935. Possibile che siamo così coglioni da non averlo ancora capito? Non è possibile che siamo un po’ coglioni, semplicemente è sicuro.
Il prossimo post – che uscirà settimana prossima – sarà una agenda/recap degli eventi più importanti, le nuove uscite che meritano, quelle che mi hanno deluso, le cose inattese e quelle che forse è meglio evitare degli ultimi mesi.

Vi lascio con quattro canzoni/aggiornamenti più o meno recenti:

1) Enne è il progetto di Nicola Togni. È sostanzialmente un pazzo. Ma sommando le sue caratteristiche posso giungere alla conclusione che lo stimo. Sa usare bene le parole, ha un quoziente intellettivo sopra la media, anche se non assicurerei sull’eticità della sua condotta esistenziale nemmeno se mi pagassero. La canzone si chiama “San Junipero” ed è a metà strada tra un pezzo di Contessa (cattivo) immersa però in liquido da disco dance floor, la vaporwave più pura e “Sabato” di Jovanotti, in effetto paperino dopo aver respirato elio.
Ora aspettiamo i prossimi pezzi che usciranno. Per ora promette abbastanza bene.

2) Coez, si sa, ha copiato il video di “Manzarek” dei Canova con @camihawke, nel suo ultimo video “La musica non c’è” mettendoci @she.s.lola.

I Canova, giustamente, se ne sono accorti e hanno espresso pubblicamente un certo dissenso nei confronti del plagetto di Coez con un post sul loro Facebook:

Ogni volta che l’indie italiano usa turbofregna in un videoclip, da qualche parte un piccolo brutto Calcutta in potenza muore (Calcutta, l’originale, invece sta creando attesa sui suoi social per l’uscita imminente di nuove attesissime cose).
Allego i due video così che possiate rendervi conto della totale mancanza di originalità di certe produzioni. Con tutto il rispetto per Coez, che apprezzo molto sin da prima della collaborazione con Contessa de I cani.

3) Una new entry. Si chiamano Ombre Cinesi e il singolo brevissimo, uscito settimana scorsa, s’intitola: “Non mi piace flirtare”. Credo che di loro se ne sentirà parlare ancora in futuro. O almeno lo spero.

4) Liberato ha vinto. Più di Calcutta, più di chiunque. E lo dicevo sin dall’uscita di “Nove maggio”.
Che fosse la Elena Ferrante (napoletana pure lei) della musica lo dicevo dalla fatidica foto “L’anonimato”, apparsa a inizio anno. Poi La repubblica se ne esce con un articolo in cui lo dice, con ottime tempistiche, circa un mese fa. No dico, ma quanto sono sul pezzo i giornalisti musicali italiani?
Per non uscire dal tracciato che sto percorrendo l’ultimo video di Liberato “Gaiola portafortuna”, opera del sommomastro Lettieri, è un ennesimo piccolo capolavoro.
Lo dico e forse non dico nulla di nuovo: Liberato in realtà è Lettieri che ci percula alla stragrandissima.
In ogni caso, un dato di fatto: tutto quello che tocca Lettieri diventa oro.
La canzone è meno bella delle due che l’hanno preceduta, ma Lettieri è stato bravissimo a puntare questa volta, nel concept del video, a un pubblico internazionale. E intanto siamo a 1.200.000 visualizzazioni su Youtube.
Inutile. I napoletani, in un modo o nell’altro, ti fottono sempre.