a. C. e d. C. o del perché Calcutta è l’anno zero di tutto

Era una bella mattina di metà dicembre. Nella notte era uscito “Orgasmo”, l’ultimo singolo di Calcutta. Al buio, ancora nel letto, poco prima di Edro, avevo ascoltato “Aurora” e riflettendo sul nuovo e forse lontanissimo album di Contessa, quasi per caso, mi ero accorto dell’attesissima uscita e mi ci ero immerso. Così anche quella mattina, alzato di scatto dal letto, molto prima dello spuntar del sole, per l’ennesima volta e dopo una notte quasi insonne, mi ero messo ancora in ascolto di quella canzone.
Come mi inerpicavo per il sentiero scosceso del nuovo brano, ogni volta, vedevo il futuro della musica italiana. Non mi stupirono in esso i nomi che la cingevano da ogni lato (come Lo Stato Sociale a Sanremo, Manuel Agnelli alle prese con un suo programma musicale in arrivo su Rai tre intitolato “Ossigeno”, il ricordo della solita Levante giudice a X Factor, e altri nomi per nulla simili ad altri che udii in tutti questi anni), ma il numero degli ascoltatori che da una manciata simile al migliaio si mutarono in milioni.

Questo che ho appena riscritto, nella forma di un diario di un giovane acculturato venti/trentenne del 2017, è l’incipit de “Il nome della Rosa”. L’altra sera sono stato a teatro a vedere proprio l’adattamento teatrale del capolavoro di Umberto Eco e sono rimasto letteralmente sconvolto dalla bellezza e l’attualità dell’opera. Sono praticamente da sempre affascinato dalla trama, i personaggi oscuri, l’ambientazione medievale.
Non nego che per anni ho coltivato il sogno di scrivere un saggio che potesse creare un parallelo tra il mondo contemporaneo e quello medievale. Per fortuna non l’ho mai fatto e mi sono dedicato a cose più concrete: tipo gli affetti, un lavoro, la salute.

In questo momento sono in camera mia. Una lampada Ikea da 5 euro è la sola luce che mi avvolge e sto ascoltando per la milionesima volta “Orgasmo” di Calcutta.

L’altra sera parlavo con Michele Campetti, in attesa dell’imminente uscita del nuovo disco degli Intercity, preceduto dal secondo singolo “Un poster”, ed è partita una riflessione su The King of pop: così nel dialogo ribattezziamo Edro da Latina.
È incredibile come l’uscita di “Orgasmo” sia stata capace di silenziare qualunque cosa le fosse intorno. La finale di X Factor, Licitra e anche nei giorni successivi lo scalpore che avrebbe potuto destare l’annuncio della partecipazione de Lo Stato Sociale a Sanremo è stato sicuramente minore:

In verità non mi sento nemmeno di gridare molto allo scandalo, soprattutto dopo la creazione del loro canale Vevo e la pubblicazione del libro “Il movimento è fermo” con Rizzoli.
Non voglio esagerare con il parallelismo storico o teologico. Certo è che Contessa de I Cani ha inventato un nuovo modo di fare musica in Italia, fregandosene degli schemi cantautorali e portando il racconto per immagini comuni a tutti e quindi generando appartenenza o per suggestioni e sofferenze attuali. Potremmo dividere la storia della musica indie italiana, dice a dire di Michele suo fratello Fabio Campetti, in a. C e d. C.: Avanti Calcutta e Dopo Calcutta. Se Calcutta può essere paragonato a Cristo quanto a importanza e innovazione nel proprio contesto e nel tempo del proprio contesto allora, penso io, Niccolò Contessa potrebbe essere sicuramente Giovanni il Battista – precisando comunque che I Cani per il sottoscritto restano forse i migliori –.

Il mio problema più grande è che amo gli anacronismi. Mi considero da sempre un uomo dei primi del Novecento e di questo ne vado fiero. Anche nel modo di essere cerco spesso di essere tale. Nelle scelte estetiche, come in quelle di linguaggio, per non parlare di quelle etiche e morali.
Sono molto severo con me stesso, meno con gli altri, perché tendo più che posso a giustificare e a capire le variabili di ogni personalissima situazione.
L’approccio, me ne rendo conto, è totalmente antimoderno. E mi va bene così.
Ad esempio mi piacerebbe poter continuare a parlare di Calcutta come “personaggio storico che ha spaccato la musica in due”. In questo momento nessuno è come lui, nessuno è riuscito a sfondare la carica di attesa che si era creata sul suo ritorno e in un paio di giorni a soddisfare quasi tutti i propri ascoltatori, eppure lasciando intravedere una inedita e aumentata maturità.
Si sente un Edoardo molto più consapevole, un Edoardo in grado, anche adesso, solo di fare meglio e di farlo con una coscienza di sé molto meno grezza del già capolavoro “Mainstream”.

L’uscita del nuovo pezzo di Edro ha, come ovvio, praticamente bloccato qualunque eventuale nuova uscita ci potesse essere in questi giorni. Anche se qualcosa in realtà s’è mosso.

Le cose che mi sono piaciute di più però sono notevolissime.
Penso a il disco di Ombre CinesiVia Lombardia, 24”. Davvero tanta roba.

La nuova “Interrail” dei Frenetik & Orang3, che vede la collaborazione di Carl Brave x Franco126.

Il nuovo singolo di GiganteFrank” che sta facendo strabene e lo seguo con attenzione e che considero – come si può leggere nel post precedente a questo sulle mie classifiche del 2017 – uno dei migliori di questo anno.

Poi è la volta del sempre bravo Filippo Dr. Panìco con “Fiorino”, primo video estratto dal nuovo disco in uscita a gennaio “Rovinare tutto”:

Bellissima anche “Vulcano” dei Dadamatto. Video come quelli che ci piacciono, più veri del vero e per questo anche un po’ sporchi. Lanciato in occasione dell’uscita del disco “Canneto”:

Anche Willy Damasco si conferma come un soggetto interessante. Anche se a ‘sto giro con “Vengo a prenderti in centrale” ho visto – spaventandomi anche data la sua proverbiale bruttezza – lo spettro di Max Pezzali. E non ho ancora capito se ciò sia un bene o meno.

Interessante, anche se devo ancora capire bene la direzione che stanno intraprendendo, “Noi non siamo” dei Dunk, band con Luca Ferrari dentro.

Altre promosse sono “Capelli blu” di Paletti o robe grosse come NAVA con “Flesh”, new entry, che farà parlare di sé di sicuro.

O Gio Mannucci, vi segnalo “Sotto la pioggia”. Mi ha fatto venire in mente Zach Condon dei Beirut, non tanto nel timbro vocale, quanto per il mood che si respira nelle armonie del brano e nel video.

Prima dei bocciati vi segnalo che questa settimana sono stato ospite con Stormi della trasmissione radiofonica Indiecazioni musicali. In studio c’erano le bravissime Francesca Guidi e Claudia Falaschi di PuntoRadio Fm. Se volete rivedere/risentire la trasmissione trovate la live qui.

La scaletta della serata era tra l’altro totalmente ispirata alla mia classifica degli album più belli del 2017.

Le cose da evitare a questo giro sono Lil Rumore con “Trap” di cui non percepisco il senso o Ladroga che comincia piacendomi e finisce con il rompermi un sacco perciò anche no.

KarembeuJust eat” che parte con un gran piglio ma alla lunga stufa.

Alle fontanelle” dei Generic Animal, che questa volta mi annoiano un po’.

Meli con “Capofitto”. Ci sarebbe anche della sostanza, ma la somiglianza con Gazzelle è imbarazzante e non è altro che la prova di come si possa essere simili a qualcuno che c’è già.

E ultimi ma non ultimi La chance su Marte con “Una Vita”, che mi hanno lasciato freddo e che mi ricordano i Subsonica più datati e normie.

Dopo l’annuncio dell’uscita del nuovo disco dei Pop X, “Musica per noi” di cui, come il grande Edoardo Camurri, sono un estimatore inamovibile: quasi nessuno come loro infatti riesce al momento ad essere così basso e così alto nel medesimo momento. In una intervista che feci a Panizza all’uscita di Lesbianitj parlai anche di Dante e della Divina Commedia.

Altro grande e atteso ritorno I Ministri. Con un titolo paraculo come “Fidatevi”.
Lo confesso, dopo l’ultimo, mi fido poco. Forse anche loro hanno percepito la delusione di molti e vogliono riacquistare la fiducia di tutti. Staremo a vedere.

Ho ascoltato poi anche i Mamavegas usciti per 42records con “MMM” e mi piace come suona e il perché di certe scelte.

E devo ancora riprendermi dalla svolta stramba degli MGMT con la nuova “When you die”, arida, fin troppo.

Ne approfitto per ricordarvi che Stormi è anche su Facebook, da qualche giorno Instagram e che su Spotify trovate una playlist in cui pian piano inserisco tutte le cose valide che vi segnalo nel post settimanale.

Mentre Carl Brave x Franco126 vincono il disco d’oro con “Polaroid” io ripenso ancora a “Orgasmo” e al fatto che Calcutta ha indiscutibilmente vinto. Chi ne parla ancora male o ne scrive male mi fa ridere: sono come quelli che quando fu inventata l’automobile dicevano che nessuno le avrebbe comprate, o che il cinema parlato sarebbe stato un fiasco o che il computer sarebbe stato oggetto di interesse soltanto di un’élite e nel tempo sarebbe sparito.

Fa freddo nella mia cameretta, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat indie pristina nomine, Calcutta nomina nuda tenemus.