Arene, stadi, hype a mezzanotte e la spersonalizzazione di tutto: la verità, vi prego, sull’amore

Devo ancora riprendermi.
Due sere fa, dopo tanto tempo, sono stato a un concerto dei Fine before you came.

C’è una poesia che potrebbe in qualche modo sintetizzare quello che voglio dirvi in questo post. Perciò chi non ha molto tempo o non ha voglia di subire le mie solite inutili digressioni, mi basta davvero si fermi qui e legga semplicemente la poesia che troverà di seguito. I più temerari invece potranno continuare la lettura e tentare – ardua impresa come sempre, penso tra me e me – di arrivare in fondo al nuovo post di Stormi di questa settimana.

Scriveva W.H. Auden:

Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull’amore.

Questa volta, oltre ovviamente a ricapitolare tutte le uscite della settimana, che sono state parecchie già solo nella mezzanotte tra giovedì e venerdì, vorrei soffermarmi sulla piega che sta prendendo tutto quanto. Non parlo solo della musica che ci piace, la si voglia chiamare indie o in qualunque altro modo, ma anche di tutto ciò che regolarmente ci circonda.

Ho come la sensazione si agisca e si crei in modo molto più superficiale. Non voglio sembrarvi uno di quei vecchi del tipo “ai miei tempi…”, ma penso ad esempio alla durata di qualunque cosa oggi. E ciò potrebbe valere per gli oggetti che non sono più costruiti per durare, ma per essere cambiati nel giro di poco tempo con un sostituto all’apparenza migliore. Potrebbe valere per i rapporti umani. Potrebbe valere per la musica, i libri, le serie. Ogni giorno qualcosa di nuovo nasce e viene spacciato come la cosa migliore in circolazione e regolarmente spesso ci si dimentica di quello che viene prima, nel giro di pochissimo tempo. Si tratta infatti di un ricambio continuo che ha solo le sembianze di un upgrade e di un miglioramento, mentre in realtà non è altro che un adeguarsi a un mood di vita imposto da qualcuno che non siamo noi. Credo si facciano le cose per altri motivi, non per e con amore. Abbiamo dimenticato ormai, o ci hanno fatto dimenticare, che l’amore non è un sentimento.
Amore è una parola abusata ormai e in nome dell’amore, spesso, si sono fatte e si fanno le peggio cavolate. Il fatto è che quello che tante volte chiamiamo amore, amore non è.

Venerdì sera rivedere dopo così tanti anni – sono insieme da quasi venti – un gruppo come i Fine before you came suonare a quel modo, con quella passione, che è tutto tranne che fittizia, mi ha fatto ridimensionare ciò che regolarmente vedo o ascolto. Ripenso ancora al sorriso di Jacopo dell’altra sera, quando guardava le persone gridare a squarcia gola i pezzi. Vedere lui guardarci negli occhi, affacciarsi a bordo palco e, teso davanti a noi, cercare il nostro sguardo e non nascondersi dietro cappucci, occhiali da sole, maschere – fare tutto questo con una sincerità commuovente – è come avesse resettato tutto.

Nella bio del loro Facebook c’è scritto: “i fine before you came sono e sempre saranno marco, filippo, mauro, jacopo, marco”. E questo la dice lunga sulle intenzioni e sulla serietà con cui si possono fare le cose. Io ho percepito questo due sere fa, tra le mura umide e e impregnate di storie di quel posto bellissimo e denso che è il Covo a Bologna (dove si è potuto assistere tra l’altro anche all’apertura magistrale dei Bruuno). Jacopo, Filippo, Marco, Mauro e Marco stavano di fronte al loro pubblico con la serietà di chi “mi concentro su un particolare e tutto mi è chiaro”, come se fosse questione di vita o di morte. Inevitabilmente stai di fronte a loro e ti senti preso sul serio.

Io sostengo Calcutta dall’anno che fu, quando ancora suonava a feste in casa davanti a dieci persone, e sono contento che stia riuscendo a raggiungere un pubblico sempre più vasto. Sono felice anche per lui, parlo della scelta di tentare la via degli stadi e delle arene: ha scelto infatti di puntare, per il momento, su due sole date, una all’arena di Verona e una allo stadio di Latina. Ci sta tutto, perché è giusto che venga dato il riconoscimento a chi riesce a toccare il cuore di così tante persone. Il rischio però, e spero davvero che venga colto prima o poi, è quello di spersonalizzare tutto quanto. Di ragionare per masse e attraverso sguardi bassi e distanti, che non si incontrano mai.
Faccio un esempio concreto. Quando – e parlo qui ai promoter – mi mandate mail con cose nuove da ascoltare, di cui mi chiedete in caso di interesse una segnalazione su Stormi o su Rockit, Mescalina e nei posti vari in cui scrivo, spesso mi mandate mail copia incollate, piene di link, mail tutte uguali e che mandate identiche a tutti. Io quelle mail nemmeno le leggo. Voglio che sia chiaro che io a mail del genere non rispondo. Ma non perché sono cattivo: anzi lo capisco che state lavorando. Ma, lo chiedo a voi, quanto è bello quando qualcuno, invece della solita mail standard e spersonalizzata, mi scrive: “Ciao Natan, leggo di tanto in tanto Stormi, mi piacerebbe farti sentire questo gruppo. Fammi sapere cosa ne pensi e se vuoi parlane nei tuoi canali”. Ma io dico: vi costa tanto chiamarmi per nome, salutarmi, dirci chi siamo in poche righe?

La morte delle arti può essere solo quella di far diventare tutto un’immensa industria di cose tutte uguali, di volti tutti uguali, di parole tutte uguali, prima ancora che di musica tutta uguale. Di farsi la guerra a chi si mette meglio in mostra. Nel modo più scaltro o più veloce possibile. Al ritmo di questa società che continuamente ci dice di produrre, produrre, produrre. I lanci dei singoli tutti concentrati insieme, come questo giovedì notte in cui sono uscite mille cose contemporaneamente.

E qui potrei parlare anche del caso de I Cani, ma non serve.
La sua quiete, che dovrebbe essere di esempio per chiunque, è da lodare. Di sicuro è servita perché ha prodotto qualcosa di bellissimo. No, non è purtroppo Contessa. Sto parlando di un’altra grande: Maria Antonietta uscita finalmente da un silenzio durato anni con “Deluderti”.
Al Covo al concerto dei FBYC ho incontrato i Gomma e c’è stata una chiacchierata piacevole con Paolo, Giovanni e Ilaria. Alla mia domanda sulla loro pausa mi hanno risposto che a volte staccare è utile. Ed è così, penso anch’io, perché è vero che si fanno meglio le cose. Nell’attesa e nel silenzio gli si dà la giusta importanza.

Un altro grande ritorno è stato Motta. Il nuovo singolo s’intitola “Ed è quasi come essere felice”:

Una canzone che sembra non iniziare mai, e per questo può essere sia amata che odiata. Ha in sé la potenza di un testo che parla della quotidianità di ognuno. E di come il mondo ci stia alle calcagna con le sue pretese e a volte per chiunque sia difficile prendere una posizione.

Una settimana pienissima di cose. Tra cui, su tutti, il nuovo singolo di LiberatoMe staje appennenn’ amò”:

Al di là di un video firmato come sempre Lettieri e che tocca corde delicatissime, trovo bello che le ultime due produzioni – sì, pure “Gaiola portafortuna” – denotino una crescita e la decisione di intraprendere la strada dell’internazionale. A volte quando sento tutte e quattro le track di fila ho come la sensazione che dietro le ultime due track non ci siano più le persone che avevano prodotto “Nove maggio” e “Tu t’è scurdat’ ‘e me”. Una cosa è certa: lo sguardo verso l’estero e la disco può non piacere a tutti.

O “Cara Italia” di Ghali, che ormai avevano già tutti sentito.

Piccola segnalazione anche per il nuovo video di “Oltre la collina” di Sick Tamburo, in cartone animato.

O per quello delle Ombre Cinesi, costituito interamente di foto Instagram inviate dai fan.

O per il video di MYSS KETA & Populous al Deposito Zero Studios.

Rapidamente, come sempre, i promossi della settimana come i Viito con “Bella come Roma”, che potrebbero far parlare di loro prossimamente.

Cara Calma con “Sulle punte per sembrare grandi” in grado di smuovere dentro qualunque torpore, anche se ci sono brani a volte un po’ scontati.

L I M esce con “Through the dust” pochi giorni fa. Una sola parola: magnetica.

Ariana Lestrange uscita con il singolo “S’il vous plait”, che si conferma una delle promesse della trap italiana.

Altro promosso Umberto Maria Giardini con “Il giorno che muore”.

O Cucineremo Ciambelle con “Seppelliscimi” che lascia intravedere un disco di valore.

Kerouac, new entry con la sua “Rifugio” che anticipa il disco d’esordio “Ortiche”, di sicuro da tenere d’occhio.

I Pulsatilla con “Madame, Adieu (Aritmia)” uscito da non molto, meritano attenzione.

E ancora Cimini, che questa volta finalmente mi convince a pieno con “Una casa sulla luna”.

Commovente poi Il Re Tarantola che torna con il nuovo inedito “Sono un campione a ballare da seduto”, che al suo interno contiene il ritornello che fa riflettere: “Sono rimasti solo gruppi che imitano gruppi, che imitano gruppi, che imitano i Beatles” e ancora “E capire che della nostra epoca faranno un extramuseo del niente”.

Settimana questa all’insegna delle donne, tra Lucia Manca, prodotta da Matilde Davoli, lascia un segno netto tra le new entry di questa settimana con “Maledetto”, Beatrice Antolini con “Forget To Be” e Armaud con “La strada” tutte promosse a pieni voti.

Non mancano i grandi ritorni come The Zen Circus con “Catene”, anch’essi promossi, nonostante mi riservi di parlarne in modo più approfondito in seguito. Preferisco essere cauto e godermi le uscite:

O le grandi attese, come il primo singolo dell’attesissimo album d’esordio di Wrongonyou “Rebirth”. Il pezzo s’intitola “Prove it” ed è solo l’ennesima conferma di qualità.

Tra i dischi nuovi, come molti sanno già, troviamo La Notte con “Volevo fare bene”, il nuovo disco dei Tutte le cose inutili con “Non ti preoccupare”, Laneve con “Particolari” e il bellissimo omonimo “Generic Animal”, uscito il 19 gennaio per La Tempesta.

E ancora l’attesissimo “Musica per noi” di Pop X che vedrò di recensire da qualche parte. Vedo il coraggio di Panizza nel non continuare nella direzione presa da Lesbianitj e di non sottostare a dinamiche di commercio, ma di restare fedele a ciò che è. E quoto in tutto l’intervento dell’amico Edoardo Camurri, grande sostenitore di Pop X:

Tra l’altro nell’Instagram di Camurri era comparso un video, probabilmente registrato a Pesaro, di Calcutta – poi cancellato – dove si annunciava una qualche probabile sua partecipazione in Rai.

Lato coveristi sono uscite cose che meritano davvero. Ne segnalo quattro:

  • Letizia Vitali con “Sottocoperta” di Colapesce, quella voce non ha bisogno di commenti.
  • I Poveroalbert con una versione di “Io c’entro con i missili” di Pop X che spacca tutto.
  • Asia Ghergo con “Cupido” di Sfera Ebbasta ha interpretato da Dio un pezzo difficile.
  • Ottobre con “La legge di Murphy” di CIMINI, che ha un timbro per me fighissimo.

Bocciatissima invece Dolcenera con “Caramelle” della Dark Polo Gang, che fa capire a tutti quanto sia complesso fare cover, alla faccia di tutti quelli che dicono male dei coveristi: alcuni di loro sono bravissimi e fanno cose di una bellezza struggente.

Dolcenera quindi apre la sfilza di bocciati della settimana.

Mi dispiace per Mavs con “Avgvsta” che non conferma questa volta il livello dei brani precedenti come in “1.70x50Kg”.

O Ralph Lautrec, con un pezzo sulla nobile arte del procrastinare, che potrebbe per me potrebbe fare molto di più.

Piaciuto molto poco anche Eusebio Martinelli con “Ja Kuzzy”: già sentito e penso non servisse.

Un pochino piatto il singolo di Lucy Anne CombDaily News”, uscito non molto tempo fa. Si intravede talento, ma che richiede un approfondimento maggiore nella cura degli arrangiamenti.

Così come Alfiero, molto acerbo, con il suo Un anno in più. Non mi è piaciuto.

Siberia con “Ginevra”, che dopo la bellissima “Nuovo pop italiano” questa volta mi convincono meno.

Vi ricordo che potete seguire il mio blog personale Stormi anche su FacebookInstagram o ascoltare la playlist su Spotify con dentro le cose migliori che segnalo ogni settimana.

L’amore, quindi lo ripeto, non è sentimento.
L’amore è guardarsi negli occhi e cercare di capirsi.
L’amore sono i Fine before you came che si abbracciano tra di loro, dopo vent’anni, alla fine del concerto.
L’amore è la cura che mettiamo nel fare le cose e nel proteggerle da ciò che le può scalfire o intristire.
L’amore è azione.

Spegniamo tutto” dicono i FBYC in “Angoli”, allontaniamo il mondo che ci distrae, “restiamo soli” noi di fronte a chi conta per noi, “non pensiamoci più” e smettiamo di permettere alle paranoie, ai pensieri e ai rimorsi di sfondarci. “Ma cerchiamoci ovunque”, nella vita di ogni giorno e nella quotidianità, amando chi ci è accanto poco alla volta, nelle cose piccole e apparentemente insignificanti. “Facciamolo adesso che domani non c’è”, qui e ora, perché solo questo è ciò che conta davvero.