Dare un nome alle cose: Indie vs Itpop. Ovvero cosa vi ha fatto di male questo (it)pop?

Otto del mattino. Sono sul treno per Bologna. Un signore sulla cinquantina, a fianco a me, estrae dalla borsa un iPod. È calvo, vestito elegante, porta degli occhiali quadrati, montatura grossa tartaruga marrone. Si vede che è uno che lavora, non si sa se nel business o da qualche altra parte. Ad ogni modo i gesti che fa, la cura dei vestiti che indossa, la calma apparente che lo contraddistingue e il sottile menefreghismo nei confronti di tutto quello che lo circonda mi fanno capire che si potrebbe trattare di un uomo in carriera, o forse, più semplicemente, di qualcuno abituato a viaggiare. Lo osservo. Sembra vecchio, in realtà ha sì e no una cinquantina d’anni. Mi tornano alla mente le parole di “Storia di un impiegato”. La voce di Contessa accompagna i miei pensieri. Se sembra così vecchio, mi dico, sarà sicuramente colpa del suo lavoro e di come usa il tempo. Contessa continua a cantare: “Ma in fondo è del tutto normale, dormi poco e mangi male”. L’uomo s’infila le cuffie, poi estrae dalla borsa un giornale e comincia a scorrere i titoli. Io sono seduto poco lontano da lui e sto leggendo Borges. Ad un tratto mi rendo conto di qualcosa e questo qualcosa un po’ mi sconvolge. Quasi senza volerlo mi capita di udire la musica che il tizio sta ascoltando dalle proprie cuffie. Ci vuole molto poco. Riconosco la melodia quasi meccanicamente.

Dopo qualche settimana di pausa natalizia, in cui tutta la mia pigrizia ha potuto sfogarsi senza limite alcuno, eccomi a scrivere il nuovo post di StormiÈ stato utile prendere coscienza ancora una volta del fatto che il tempo sia qualcosa di limitato. In realtà non soltanto la mia pigrizia ha preso il sopravvento in queste settimane, ma anche una certa necessità di ridefinire le priorità della mia esistenza. A prescindere dal fatto che un giorno qualcuno potrà chiederci conto di come abbiamo usato il nostro tempo, che si creda o no a questo, una cosa, che forse a qualcuno potrà suonare anche piuttosto banale, per me è certa: il tempo è poco e va usato meglio che si può.

Mi fanno sempre un po’ sorridere quelli che si lamentano di non aver tempo. Vero, a volte è molto difficile trovarlo. Ma a ben pensarci il tempo c’è. E se non c’è lo si potrebbe trovare. Il problema siamo noi che vorremmo ci fosse tempo per tutto. Io ad esempio in queste vacanze di Natale mi sono preso del tempo – anche dalle pubblicazioni settimanali di Stormi, interrompendole – per dedicarmi alla mia famiglia, i miei amici, i miei libri, la musica che più mi piace. Ho conoscenti che in queste vacanze hanno approfittato del tempo ritrovato per lavorare, da casa, ancora di più. Altri amici il 28 dicembre sono tornati al lavoro, pur di non restare a casa in balìa di un po’ di sano ozio.
Io credo che il tempo non ci sia perché abbiamo paura di fermarci. Appena intravediamo un po’ di tempo libero siamo già alla ricerca di qualcosa da fare. Si sa che l’immobilità ci porta a pensare. Ma possibile che si possa avere così tanta paura del silenzio e dell’inattività?

Mentre sto qui a leggere in treno mi cade l’occhio su una frase del libro di Borges: “Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, e io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco”. Il tempo è una delle cose più preziose che abbiamo e spetta solo a noi decidere come usarlo.

La canzone che l’uomo stava ascoltando era “L’ultima festa” di Cosmo.

Inevitabilmente e forse in modo anche un po’ superficiale traggo due conclusioni:

  1. L’uomo accanto a me ha degli ottimi gusti musicali.
  2. Forse vale davvero la pena porsi il problema di una distinzione all’interno di ciò che tendiamo a chiamare indie.

Si sa bene che le terminologie e le nomenclature non sono altro che un espediente per dare forma e catalogare ciò che altrimenti non avrebbe ordine. Sono sempre stato molto poco favorevole alle etichette, che penso, con il tempo, si trasformano tanto spesso in tristi e sterili convenzioni.

Nell’ultimo post pubblicato su Stormi, quello sulla musica indie avanti Calcutta e dopo Calcutta per intenderci – che ha avuto oltre 700 interazioni sui social e diverse migliaia di letture –, qualcuno in un commento al post aveva espresso il suo rammarico a proposito del fatto che Calcutta fosse ormai pop e non più indie. A prescindere dalla veridicità del commento la prima cosa che ho pensato è stata: ma cosa vi ha fatto di male questo pop? Perché il pop debba essere considerato una degenerazione di ciò che invece si suppone sia sano (la musica indie come la si intendeva un tempo) ancora non me lo spiego, a meno che non si tratti di un retaggio di quando a scuola i rockettari, i punk, i metallari e gli alternativi gettavano fango sulla musica commerciale.

Alcuni artisti possono ancora essere definiti indie ed è giusto vengano separati da altri che presentano caratteristiche totalmente diverse. Ad esempio se Le luci della centrale elettrica e Iosonouncane sono indie, non è più vero ad esempio per Calcutta, ThegiornalistiCosmo, Gazzelle, Canova, Carl Brave x Franco126, Frah Quintale. Qualcuno azzarda anche Giorgio Poi.

Non so se la nuova terminologia emersa su Diesagiowave – la massoneria dell’indie italiano – avrà modo di trovare un riscontro nei media e nella cosiddetta critica (ma poi davvero stiamo parlando ancora di critica musicale?), in ogni caso la definizione di itpop (precisiamo che Alex Britti non c’entra nulla) è pertinente e racconta perfettamente un mondo, il mondo della musica indie italiana, che è, citando il sommo Max Collini, come l’universo: in espansione.

La cosa senza dubbio più divertente successa in queste settimane è stata, come quasi tutti immagino abbiano letto, che il comune di Bologna per una playlist di capodanno pensata da Calcutta ha pagato la modica cifra di 5k. Conoscendo bene Edroado non posso che essere contento per lui. Anche se è difficilissimo difenderlo da chi dice che 5k sono troppi.

Di tanto in tanto voi mi scrivete e mi dite la vostra, mi mandate mail, messaggi privati e ci si scambia pareri, si fanno considerazioni. Se volete scrivermi sapete che potete farlo direttamente sulla pagina Facebook di Stormi o su Messenger, oppure ancora su Instagram. Mario Miano ad esempio pochi giorni fa mi ha scritto una cosa verissima, a proposito dell’operato di quest’anno dell’etichetta Bomba Dischi: YEAR DEFINING, non capisco come si possano pubblicare tanti capolavori in un anno. Sarà fortuna ma io dico invece di dare il governo dell’Italia a Bomba dischi, finirebbero i nostri problemi.

Rispondo invece a chi mi ha scritto in queste settimane e mi ha chiesto, tra le altre cose, il tipo di criterio che utilizzo per promuovere cose e bocciarne altre e rispondo che, praticamente da sempre, mi avvalgo di quello che io chiamo il principio di Holden. Il principio di Holden consiste nel separare le cose che mi lasciano senza fiato (anche solo per poco) da quelle che mi lasciano del tutto indifferente. Cosa mi lascia senza fiato? Salinger, per bocca di Holden, a proposito della letteratura scrive: “Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira”.

In queste settimane mi hanno lasciato senza fiato:

La nuova “Un poster” degli Intercity, fuori da un paio di settimane, lascia intravedere un disco  uscirà nel 2018  che ha tutta l’aria di essere una bomba. In questi casi sono la storia di un gruppo e l’esperienza che fanno la differenza. E loro non mi hanno mai deluso fino adesso.

Dopo “Turbo” e “Attraverso lo specchioCosmo torna con due nuovi singoli – “Tu non sei tu” e “Quando ho incontrato te” ascoltabili a questo link. Non c’è che dire, promette bene il nuovo doppio album “Cosmotronic” che uscirà tra pochissimi giorni – per l’esattezza il 12 gennaio.

Lilo con Gli altri” riesce a trasmettermi molto e credo sia il caso di tenerla d’occhio nei prossimi mesi.

Cimini torna con Un’altra possibilità”. Non mi entusiasma, anche se devo essere sincero: mi fido del lavoro di Garrincha Dischi. Perciò continuo a sperare in una terza possibilità. Questa volta però sarà l’ultima. Oltre comincerò a prendere la strada dell’hype ingiustificato.

Anche Inude con Dust” mi piace, così come anche Fabio Bisceglie con “Anonima”.

Incantevole invece Colapesce con Sospesi”:

Un video che fa onore a un album di cui mi piacerebbe si parlasse di più.

Piccola perla il B SIDE de Le nostre guerre perdute de La Municipàl con Risvegli”.

Anche Vie delle Indecisioni escono con Aquiloni, forse il brano migliore di tutta la loro produzione. Un video poetico per pezzo altrettanto poetico.

Molto figo Nuovo pop italiano di Siberia:

Il sapore è quello dell’indie più puro degli anni 2000. La regia è quella lodevole di Maciste Dischi.

Anche le due nuove uscite di Pop XTeke Caki” in cui il dissing nei confronti di Carl Brave x Franco126 è manifesto in un incursione del ritornello ricantato da Pop X di “Pellaria”, così come anche la nuovissima “Orci dentali” in cui il dissing è evidentemente rivolto a Liberato. Tutto ci prova ancora una volta la genialità dei folli di Montecchio/Trento.

Ottimo inizio per i Cucineremo Ciambelle che escono con il terzo estratto del loro album d’esordio, in uscita a inizio 2018. La track s’intitola Spettro e merita attenzione.

Non pensavo che ne avrei riparlato bene nel giro di breve tempo ma a me Socialismo tropicale” de Lo Stato Sociale, uscita pochissimi giorni fa, è piaciuta. Se non nelle scelte di arrangiamenti e testo, almeno negli intenti.

Mentre ennesima conferma per Filippo Dr.Panìco con Kamikaze, bella in tutto anche nel video.

Altri che vanno segnalati positivamente sono Ariana Lestrange con Arancia Meccanica”, Rugo con “Il regalo di Natale”, Bianco con “30 40 50” e Candreva con “Natali a colori”. Mi sono piaciuti anche Bouganville con “Imparerò”, Laneve con “Mai”, “Buio” di Plastica, Generic Animal con “Trenord” e la somma M¥SS KETA con “Courmayeur.

Spaccano come sempre invece Ombre Cinesi con Resta con me”.

Molto migliorati I Giocattoli, che facevo fatica a capire nelle track uscite nei mesi scorsi. Con la nuova Bill Murray” hanno dato prova del fatto che a perseverare e a crederci poi spesso i risultati si raggiungono.

Non uso mai il termine capolavoro, ma questa volta Leo Pari con Dyo si è superato. Restiamo in attesa di cose nuove.

Hanno destato in me invece sommaria indifferenza i bocciati di queste ultime due/tre settimane:

Lingue Sciolte con Neve”: purtroppo è un pezzo che non mi ha emozionato. Colpa forse di una produzione in apparenza poco curata.

Mi hanno lasciato freddo questa volta La Notte con Volevo far bene, ma confido in tempi migliori.

Altri che non ho capito sono Diamine con Da qualche parte”, Godo’ con “Mare nostro” e Alfiero con “Un anno in più” e “Nel vento di Cristina Cecilia: tutte track piuttosto banalotte.

Anche idontexist con Cinema non mi convince, forse troppo pregno degli stereotipi del proprio genere, così come Federica Abbate in Mi contraddico, assolutamente da evitare.

Altro gruppo che non capisco sono gli Erbe Officinali che con Giulia mi fanno rimpiangere Dedicato a te de Le Vibrazioni.

Vi ricordo che potete tenere traccia di tutti i promossi che vi segnalo nella playlist di Stormi su Spotify.

Lo scompartimento dove mi trovo si è svuotato, stranamente non c’è quasi più nessuno. Siamo rimasti io e l’uomo elegante. Come al solito, grazie alla mia proverbiale scaltrezza, riesco a farmi beccare. L’uomo ha palesemente capito che lo sto osservando. Impallidisco, fingo colpi di tosse, cerco di fare finta di niente. Prendo lo smartphone e mostro indifferenza cliccando e scorrendo a caso. Quasi per sbaglio tocco con il dito la fotocamera che si apre e compare la mia faccia sullo schermo del telefono. Mi vedo, mi osservo. Poi ritorno sull’uomo. Sono pallido anche io come lui è vero, ma per fortuna non gli somiglio.

Guardo il tizio e guardo me e concludo che siamo diversi. Allo stesso modo penso che non abbia il minimo senso avvicinare Vasco Brondi ai Canova. O i Fine before you came a Gazzelle. Continuo a guardare l’uomo e penso che non sono migliore di lui. Nessuno in realtà è meglio di nessuno qui. Siamo solo diversi.

Quindi si dice Indie? Itpop? Cosa è indie e cosa itpop? Due realtà ben distinte. Il vocabolo itpop è nato dal basso, un po’ per scherzo, come le cose migliori. Non sappiamo se il termine itpop troverà diffusione nei media e se questa nuova ondata di sano pop italiano finirà per essere solo l’ennesima moda labile priva di qualità destinata a spegnersi presto, risucchiata da un probabile baratro di ripetitività. A mio parere nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.

Passerà anche questa. Passerà? Io credo di no.